Chi era davvero l’apostolo che consegnò Gesù?
Un capro espiatorio universale, marchiato dalla storia… o un uomo fragile, divorato dal peso della colpa?
L’enigma dell’uomo più discusso della storia
Chi era davvero Giuda Iscariota, l’apostolo che consegnò Gesù? Traditore, vittima, capro espiatorio? La sua figura continua ad affascinare psicologi, filosofi, artisti e teologi. Da Dante a Dostoevskij, fino a Borges, Giuda rimane il volto oscuro della storia cristiana, “il condannato dall’umanità”.
Profilo psicologico di Giuda
La psicologia moderna legge in Giuda una personalità lacerata da profonde tensioni. Da un lato l’idealismo politico e religioso, dall’altro la delusione per un Messia che non rispondeva alle attese.
Il tradimento può essere interpretato come una forma estrema di dissonanza cognitiva: amare e odiare, seguire e distruggere, sperare e disperarsi.
Alcuni clinici ipotizzano tratti borderline: incapacità di reggere la frustrazione, oscillazione tra idealizzazione e svalutazione, esplosioni impulsive.
Dimensione psichiatrica: il peso della colpa
Il suicidio di Giuda, narrato nei Vangeli e ripreso nel libro degli Atti con il riferimento al campo di sangue (Akeldamà), evidenzia un quadro di verosimile depressione maggiore con colpa persecutoria.
Il gesto non libera: lo precipita nell’abisso dell’auto-condanna. In termini clinici, Giuda rappresenta l’archetipo dell’atto impulsivo irreversibile, dove alla rabbia subentra un dolore insopportabile, senza possibilità di rielaborazione.

Antropologia del tradimento: il capro espiatorio
Per l’antropologia Giuda diventa il capro espiatorio universale. René Girard ricorda che “la violenza si placa quando trova una vittima”. L’umanità ha bisogno di incarnare il male in un volto riconoscibile, e Giuda diventa quel volto.
Eppure, dietro il “traditore” c’è un uomo che ha viaggiato accanto a Cristo, ascoltato le parabole, condiviso il pane. Un uomo che ha baciato il Maestro con un gesto che ancora scuote la storia.
Giuda nell’arte e nella letteratura
La figura di Giuda ha attraversato secoli di interpretazioni.
- Dante Alighieri lo colloca nell’Inferno, nel cuore ghiacciato della Giudecca, dilaniato da Lucifero stesso.
- Fëdor Dostoevskij lo vede come simbolo della libertà tragica, capace di scegliere anche contro il bene.
- Jorge Luis Borges scrive che “nessuno è tanto straniero a noi quanto colui che crediamo irrimediabilmente perduto”, aprendo alla possibilità di vedere Giuda come specchio della nostra stessa fragilità.
Il condannato dall’umanità
Giuda Iscariota è il volto ambiguo dell’uomo spezzato, che incarna insieme il peccato e la disperazione. Non è solo “il traditore”, ma l’archetipo della nostra capacità di cedere al male pur amando il bene.
Guardarlo non significa giustificarlo, ma riconoscere che ogni essere umano porta in sé il rischio del proprio Akeldamà.
