Tag: psicologia infantile

  • Disturbo Oppositivo Provocatorio nei bambini e negli adolescenti.

    Disturbo Oppositivo Provocatorio nei bambini e negli adolescenti.

    Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è una delle sfide educative più complesse che i genitori possano affrontare. Non si tratta di semplici “capricci”, ma di un quadro clinico caratterizzato da comportamenti oppositivi, provocatori e polemici che logorano la vita familiare e scolastica. Molti genitori arrivano allo studio dello psicologo con la stessa domanda: “Come si spegne la polemica? Dobbiamo dire sempre sì, anche quando non dovremmo?”

    La risposta è no: dire sempre sì non aiuta, ma nemmeno lo scontro continuo è la strada. Serve un approccio educativo basato su fermezza calma, regole chiare e strategie comunicative efficaci.

    Disturbo Oppositivo Provocatorio in età infantile

    Nei bambini piccoli il DOP si manifesta con:

    • rifiuto di eseguire compiti semplici,
    • opposizione sistematica agli adulti,
    • scoppi d’ira frequenti,
    • sfida costante alle regole.

    In questa fase la gestione passa soprattutto dal contenimento emotivo e dall’insegnare gradualmente la tolleranza alla frustrazione.

    Disturbo Oppositivo Provocatorio in adolescenza

    Quando il DOP arriva all’adolescenza, la situazione si complica. L’oppositività si intreccia con la fisiologica ricerca di autonomia tipica di questa età.

    Caratteristiche principali in adolescenza:

    • Sfide più forti: i “no” diventano aperti atti di ribellione, spesso davanti ai pari o agli insegnanti.
    • Conflitti familiari accesi: ogni regola diventa terreno di scontro, con escalation che possono degenerare in rottura del dialogo.
    • Rischi maggiori: aumento della possibilità di comportamenti a rischio (uso di sostanze, bullismo, abbandono scolastico).
    • Autostima fragile: dietro la rabbia c’è spesso un senso di inadeguatezza non riconosciuto.

    Strategie educative per genitori di adolescenti con DOP

    1. Regole poche ma chiare – un adolescente con DOP non tollera il controllo costante, ma ha bisogno di confini stabili.
    2. Dialogo senza prediche – comunicare in modo diretto, evitando sermoni infiniti che innescano la sfida.
    3. Responsabilità condivisa – coinvolgere l’adolescente nella definizione delle regole aumenta la percezione di controllo.
    4. Gestione della rabbia – insegnare tecniche di autoregolazione emotiva (respirazione, sport, musica, attività creative).
    5. Alleanza con la scuola – fondamentale un fronte educativo comune tra docenti e genitori.

    Consigli pratici per spegnere la polemica

    • Evitare di reagire alle provocazioni con urla.
    • Usare il sì condizionato (“Sì, puoi uscire… quando hai finito lo studio”).
    • Rinforzare i comportamenti positivi anche se minimi.
    • Restare calmi e non alimentare la spirale di sfida.
    • Cercare un supporto psicologico specializzato quando il conflitto supera la gestione familiare.

    Conclusione

    Il Disturbo Oppositivo Provocatorio, sia nei bambini sia negli adolescenti, non si affronta con il “sì” a tutti i costi, ma con no coerenti, regole chiare e capacità di mantenere la calma. Nell’adolescenza la sfida è più complessa, ma anche più decisiva: gestire la ribellione senza spegnere la personalità significa trasformare il conflitto in un percorso di crescita.

  • Disregolazione emotiva nei bambini

    Disregolazione emotiva nei bambini

    La disregolazione emotiva nei bambini rappresenta oggi una delle principali sfide educative e cliniche che genitori, insegnanti e professionisti della salute mentale si trovano ad affrontare. Non si tratta semplicemente di capricci o di un temperamento difficile, ma di una condizione complessa in cui il bambino manifesta un’incapacità persistente di modulare in modo adeguato le proprie emozioni, con ripercussioni significative sul comportamento, sull’apprendimento e sulla qualità delle relazioni.

    In un mondo sempre più stimolante e talvolta disorientante, il bisogno di un’alfabetizzazione emotiva precoce non è mai stato così urgente. Studi recenti, come quello pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health (2020), hanno evidenziato che circa il 30% dei bambini in età prescolare manifesta segnali di disregolazione emotiva che, se non riconosciuti e trattati, possono evolvere in disturbi più strutturati nell’adolescenza, come il disturbo oppositivo-provocatorio o i disturbi d’ansia. Un’ulteriore indagine del Child Mind Institute (2023) sottolinea come la disregolazione emotiva sia frequentemente associata a esperienze di stress cronico, stili educativi incoerenti o traumi non elaborati, e che essa sia spesso sottostimata nei contesti scolastici. Dal punto di vista neurobiologico, emerge un coinvolgimento diretto della corteccia prefrontale, ancora in fase di sviluppo nei primi anni di vita, e del sistema limbico, responsabile della reattività emotiva: una combinazione che rende i bambini particolarmente vulnerabili a sbalzi d’umore, scatti di rabbia o reazioni sproporzionate, apparentemente ingiustificate. Tuttavia, la disregolazione non è solo un sintomo da contenere, ma un messaggio da decifrare, un segnale del bisogno urgente di contenimento, guida e presenza empatica.

    La prospettiva pedagogica invita a non reprimere, ma a tradurre l’emozione in parola, a dare un nome all’impulso, a costruire nel bambino – anche attraverso il gioco simbolico, la narrazione e l’ascolto – una grammatica interiore capace di trasformare il caos emotivo in narrazione coerente di sé. Come afferma il neuropsichiatra infantile Daniel J. Siegel, la co-regolazione emotiva da parte dell’adulto è la base su cui si costruisce l’autoregolazione del bambino: non si può pretendere equilibrio emotivo da chi ancora non lo ha mai sperimentato.

    In un’epoca in cui si parla molto di competenze cognitive e prestazione scolastica, questo tipo di fragilità, silenziosa e trasversale, rischia di passare inosservata, con esiti che possono protrarsi nell’adolescenza e oltre. Investire in prevenzione, formazione e ascolto significa non solo contenere l’insorgenza di patologie, ma coltivare il benessere psichico e relazionale delle future generazioni.