Storia dell’autismo: evoluzione scientifica

Il termine “autismo” ha una storia relativamente recente, ma i comportamenti autistici sono stati descritti nei secoli passati. Alcuni studiosi ritengono che casi di autismo siano presenti in resoconti storici di individui con difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale. Tuttavia, il primo uso scientifico del termine risale all’inizio del XX secolo.

Il termine “autismo” fu coniato dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler nel 1911, per descrivere un sintomo della schizofrenia caratterizzato da un distacco dalla realtà e un’intensa introspezione. Tuttavia, la definizione moderna dell’autismo inizia negli anni ‘40 grazie agli studi di Leo Kanner e Hans Asperger.

Nel 1943, il pediatra e psichiatra americano Leo Kanner pubblicò un articolo fondamentale intitolato Autistic Disturbances of Affective Contact. In esso, descrisse 11 bambini con un comportamento insolito: difficoltà nella comunicazione, ripetitività nei gesti e nelle azioni, e un’apparente indifferenza verso gli altri. Kanner coniò il termine autismo infantile precoce, sottolineando che questi bambini sembravano vivere in un mondo interiore separato.Kanner fu il primo a distinguere l’autismo dalla schizofrenia, sottolineando che i sintomi autistici erano presenti sin dalla prima infanzia e non erano dovuti a una regressione. Tuttavia, inizialmente attribuì la causa dell’autismo a una mancanza di calore materno, una teoria successivamente confutata.

Nel 1944, il pediatra austriaco Hans Asperger pubblicò uno studio su un gruppo di bambini con caratteristiche simili a quelle descritte da Kanner, ma con una maggiore capacità di linguaggio e di adattamento sociale. Asperger notò che questi individui, pur avendo difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale, spesso possedevano abilità eccezionali in aree specifiche, come la matematica o la memoria.

A differenza di Kanner, Asperger suggerì che questi tratti potessero rappresentare una variante della neurodiversità, piuttosto che una patologia. La “Sindrome di Asperger” è rimasta una diagnosi distinta fino al 2013, quando è stata inglobata nel Disturbo dello Spettro Autistico (DSA) nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).

Negli anni ‘50 e ‘60, la teoria della “madre frigorifero” proposta dallo psicoanalista Bruno Bettelheim guadagnò popolarità. Bettelheim suggeriva che l’autismo fosse causato da una madre fredda e distante. Questa teoria fu dannosa per molte famiglie e portò a inutili sensi di colpa nei genitori. Fortunatamente, con il progresso delle neuroscienze e della genetica, questa ipotesi fu abbandonata negli anni ‘70.

A partire dagli anni ‘80, la ricerca sull’autismo si è spostata su basi scientifiche più solide. Gli studi di Lorna Winge e Uta Frith hanno contribuito a definire l’autismo come uno spettro di condizioni con diversi livelli di gravità. L’autismo non era più visto come una singola patologia, ma come un insieme di caratteristiche che potevano manifestarsi in modi diversi da persona a persona.

Negli anni ‘90, ricerche di Simon Baron-Cohen hanno portato alla formulazione della teoria della “mente cieca” (theory of mind deficit), secondo cui le persone autistiche hanno difficoltà a comprendere gli stati mentali altrui. Parallelamente, studi genetici e neurobiologici hanno dimostrato che l’autismo è una condizione neurobiologica con una forte componente genetica, non causata da fattori emotivi o educativi.

Negli anni 2000, si è verificato un aumento delle diagnosi di autismo, grazie a una maggiore conoscenza del disturbo e a criteri diagnostici più inclusivi. Oggi si parla di Disturbo dello Spettro Autistico (DSA), che comprende diverse forme, dalle più lievi (ex Sindrome di Asperger) a quelle più gravi che richiedono un supporto costante.

Inoltre, il movimento della neurodiversità ha promosso una visione dell’autismo non come una malattia da curare, ma come una diversa modalità di funzionamento cerebrale, con punti di forza e debolezze uniche.

La storia dell’autismo è passata da fraintendimenti e stereotipi a una comprensione più scientifica e inclusiva. Oggi, grazie alla ricerca e alla sensibilizzazione, le persone autistiche hanno maggiori opportunità di essere riconosciute, comprese e supportate nella società.