“Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha amato molto; invece colui al quale si perdona poco, ama poco.”
Nel Vangelo di Luca (7,47) , Gesù rovescia la logica del merito: non si ama per essere perdonati, ma perché si è stati perdonati. Un messaggio che la psicologia moderna conferma: solo chi accoglie la propria fragilità può amare senza misura.
Il Vangelo secondo Luca racconta l’incontro tra Gesù, un fariseo e una donna definita “peccatrice”.
Mentre il padrone di casa giudica quella presenza come scandalosa, la donna compie gesti di intensa tenerezza: bagna i piedi di Gesù con le lacrime, li asciuga con i capelli e li profuma.
Gesù risponde con parole che ribaltano l’ordine morale:
«Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha amato molto; invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (Lc 7,47).
Ma in greco il testo dice qualcosa di ancora più sottile. Il termine ὅτι (hoti) non significa “perché”, ma “poiché”, “come segno che”: l’amore non è la causa, ma la conseguenza del perdono.
Lo confermano gli esegeti Joseph A. Fitzmyer, François Bovon e Joel B. Green, secondo cui il passo mostra che “il perdono precede l’amore e lo rende possibile” (Anchor Bible, Hermeneia, NICNT).
L’ordine dell’amore: prima la grazia, poi il gesto
Il racconto include una parabola: due debitori vengono condonati, uno di più, l’altro di meno. Gesù chiede: «Chi dei due amerà di più?».
La risposta è chiara: colui al quale è stato condonato di più.
La donna del Vangelo è dunque il volto umano di chi ha sperimentato il perdono come evento fondante, non come premio.
Simone il fariseo, invece, rappresenta l’uomo che non si sente mai in debito: corretto, osservante, ma chiuso.
Chi si crede “giusto” non chiede nulla — e non ama, perché non sa ricevere.

L’interpretazione dei Padri e la rilettura moderna
Sant’Agostino commentava:
“Non fu perdonata perché amò, ma amò perché fu perdonata.”
(Sermo 99)
Gregorio Magno, nel VI secolo, identificò questa donna con Maria Maddalena, creando una tradizione che confonde peccato e redenzione.
Ma la ricerca biblica contemporanea distingue chiaramente le due figure e restituisce alla “donna anonima” di Luca un ruolo simbolico: l’umanità fragile che si lascia toccare.
La lettura psicologica: l’amore come risposta alla vulnerabilità
La psicologia del profondo conferma ciò che il testo sacro anticipava: chi ha sperimentato la vergogna, la colpa e poi il perdono sviluppa una forma più matura di amore.
È la cosiddetta “gratitudine riparativa” (Melanie Klein), che nasce dal riconoscere la propria imperfezione e dal sentire che nonostante tutto si è degni di accoglienza.
Chi invece vive nella logica del merito, del controllo e della perfezione tende a un amore condizionato, fragile, difensivo.
Solo chi accetta di “essere stato perdonato” può amare senza difese.
L’attualità di un messaggio rivoluzionario
Nel tempo della performance, dove l’autostima è misurata dai risultati e la fragilità è vista come fallimento, il Vangelo di Luca svela un’altra via: la verità di sé è la premessa dell’amore autentico.
Non è la perfezione che genera amore, ma la consapevolezza di essere stati accolti proprio quando non lo meritavamo.
L’amore gratuito nasce da lì: dal sentirsi guardati con misericordia.
In sintesi
Chi ama poco, forse non ha mai conosciuto davvero il perdono.
L’amore non è ricompensa per chi è senza colpa,
ma fioritura per chi ha lasciato cadere la maschera del giusto.Solo chi ha sentito sulla pelle la grazia — può trasformare la ferita in carezza.


